- la ripresa nel '900
- il ruralismo fascista e le feste dell'uva
- il secondo dopoguerra
La lenta ripresa nel Novecento
Da una indagine di Igino Michieli condotta alla metà degli anni Sessanta si ricava che la viticoltura dei Colli Euganei, nonostante l’incidenza della fillossera che causerà danni gravissimi, prenderà lentamente la strada della ripresa: si pensi, ad esempio, che nel 1910 la superficie a vigneto specializzato ammontava a circa 3.100 ettari, Este esclusa, quota non ancora raggiunta nel 1963. Ma nonostante questa lenta ripresa altri segnali sono significativi come la contrazione decisa del vigneto in coltura promiscua con superficie che dall’anteguerra al 1963 andrà dimezzandosi, limitandosi a 4.100 ettari e la scomparsa dei tutori vivi.
La ricostruzione dei vigneti fillosserati ha determinato una sorta di rivoluzione agronomica e paesistica. Nei nuovi vigneti si impiega soprattutto il sistema Guyot, già adottato sui colli del Monferrato, e sperimentato per la prima volta nei vigneti di Lispida, con il quale le piante forniscono limitate produzioni ma di alta qualità.
La scomparsa dei sostegni vivi e delle tirelle, comportano anche la creazione di una nuova struttura portante del vigneto che prima era basata sulla solidità degli alberi tutori. I nuovi filari vengono realizzati con pali secchi, normalmente di castagno o di robinia e con 3 o più fili di ferro. Per sostenere il peso delle viti, i pali di testata devono essere più robusti e muniti di saette realizzate o con lo stesso filo di ferro solidamente ancorato, oppure sono rafforzati da una cóntena, palo messo obliquamente. La tensione dei fili di ferro viene garantita dal trainélo, rudimentale ma efficace tendifilo, costruito con semplici pezzi di legno, oppure da più recenti rocchetti metallici a doppia vite. Il processo viene portato a compimento sostituendo la ricchissima gamma di cultivar ambientali con vitigni alloctoni, specialmente francesi e ungheresi, come il Cabernet, Merlot, Pinot, ed altri.
Igino Michieli: Michieli I., I Colli Euganei. Vicende economiche e sociali, Padova 1965.
processo viene portato a compimento: Zanetti P. G., Tra coltivi e boschi negli ultimi due secoli, in I Colli Euganei, a cura di F. Selmin, Sommacampagna (VR),Cierre edizioni, 2005, p. 309.
Il ruralismo fascista e le feste dell’uva
Il regime fascista si farà promotore di molteplici iniziative mirate alla valorizzazione del vino, mirate a consolidare quell’abbinamento della bevanda col sano ruralismo, che appartiene alla sua visione del mondo, inseguendo il recupero delle tradizioni più genuine collegate alla semplicità della vita campestre.
Tra le iniziative di promozione è da segnalare l’autotreno del vino. Nel 1934, su idea del padovano Giuseppe Soin, si creò l’autotreno nazionale del vino, che partì da Padova, inaugurato da Marescalchi in rappresentanza del Governo il 28 ottobre, gestito poi dalla “Fiera di Padova” sotto la direzione di Guido De Marzi.
Grande evento di valorizzazione sarà anche la festa dell’uva. Iniziata su idea di Arturo Marescalchi con la sagra vendemmiale del settembre a Casalmonferrato, seguita subito dalla sagra dell’uva a Marino nei castelli romani, fu elevata per volere del Duce, a festa nazionale dell’uva, a partire dal settembre 1930. Nei primi tre anni tenuta in data uguale per tutte le regioni italiane, negli ultimi anni fissata dalle autorità comunali a seconda dello stato di maturazione e delle opportunità locali. Le varie organizzazioni gareggiano nel presentare nel modo migliore questa festa dell’uva. La parte principale consiste in cortei figurativi, simbolici, con carri rusticani, giovani in costumi sgargianti o tradizionali o simbolici, gruppi corali e musiche, sempre in un trionfo di tralci e grappoli d’uva.
Nei Colli Euganei è ancor oggi molto rinomata la Festa dell’uva che si svolge a Vo’ Euganeo. Tale manifestazione vi si era trasferita dopo essere stata istituita a Teolo proprio in quel 1930, ottemperando alle disposizioni del Ministro dell’Agricoltura e accoppiandovi anche una mostra di prodotti ortofrutticoli.
istituita a Teolo: vedi Giorato S., Teolo 1914-1945. Immagini e cronache del ventennio, Teolo 1999, p. 30.
Il secondo dopoguerra
Alcuni storici hanno identificato il 1958 come l’anno di confine: segna l’inizio del miracolo economico italiano, una accelerazione improvvisa che in pochi anni arriva a porre l’Italia ai vertici dell’economia mondiale.
Il boom economico determinò anche la ripresa della viticoltura nei nostri Colli, accompagnandosi al crescere della frequenza turistica.
Mutano anche i modelli di consumo, con modificazioni profonde che investono la dimensione simbolica del cibo e, insieme, i rituali e i costumi collegati al vino. Calano i consumi e cresce di pari passo una domanda di vini di qualità. Sul modello francese con la legge 930 del 1963 anche in Italia il mercato dei vini di qualità viene regolamentato mediante l’individuazione delle zone ed al rispetto dei disciplinari di produzione (D.O.C.). E per inseguire questo nuovo modello qualitativo il Piano Viticolo Nazionale prevede la riduzione della superficie viticola e l’analoga contrazione degli ettolitri prodotti.
La via dello sviluppo sarà segnata dall’aumento progressivo del vigneto specializzato, dalla creazione di una vera e propria “arte” nei procedimenti di lavorazione delle uve: dalla filtrazione, alla chiarificazione, dalla conservazione, alla spumantizzazione dei vini. Si introducono, inoltre, moderne tecniche nella vinificazione: solforazione dei tini, anticipo dei tempi di spinatura, bollitura dei mosti al coperto, cura dell’igiene nelle cantine; si curano gli aspetti formativi destinati ai contadini imprenditori.
La comunicazione collegata al vino, poi, è impegnata per far uscire la bevanda dal ghetto dei vecchi stereotipi, promuovendo percorsi enogastronomici, costruendo itinerari turistici, esaltando le qualità benefiche e salutari del vino, creando sinergie con altri operatori ed enti, riferendosi al grande patrimonio costituito dalle ticipità storiche e culturali del territorio.