Alcune note di storia delle terme

Devozione, cura e svago alle terme euganee

Abano e Montegrotto con Battaglia, Galzignano e Teolo, formano uno dei bacini idrotermali più antichi e famosi d’Europa. Le acque di quest’area sono di tipo salso-bromo-iodico e sulla loro provenienza si è a lungo fantasticato a proposito di origini vulcaniche. Indagini recenti hanno consentito di mettere a punto un’ipotesi “geotermale” per cui le acque termali deriverebbero da acque piovane precipitate al suolo in una zona montuosa d’altezza di circa 1500 metri, identificabile nell’area delle Piccole Dolomiti e nei vicini altipiani vicentino-trentini. Acquisito calore e salinità nella discesa e circolazione sotterranea, durante questo percorso le acque assumeranno anche le caratteristiche fisico-chimiche utili alla funzione terapeutica che svolgono una volta riemerse

Epoca romana

La storia di queste terme è un complesso intreccio di atteggiamenti, culture, mentalità, saperi in cui si specchia anche l’immagine del corpo e il senso della vita. E se un senso del mistero si accompagnava alla devozione per la capacità rigenerativa delle acque, nell’esperienza delle primitive popolazioni degli Euganei e dei Veneti, fu in epoca romana che la terme acquisirono importanza e divennero molto frequentate, assumendo una configurazione policentrica: ad Abano, ai piedi del colle Montirone, e a Montegrotto ai piedi del colle Bortolon. La notorietà del Mons aegrotorum, collina dei malati, è testimoniata dai numerosi riferimenti di autori latini, da Plinio a Marziale, da Livio a Claudiano. Quando nel 49 a.C. Patavium ottenne la cittadinanza romana da Giulio Cesare, la zona termale divenne uno dei luoghi più famosi. I resti archeologici ci descrivono il centro termale come frequentatissimo, abbellito da imponenti stabilimenti, da palazzi, piscine, dotato di teatro dalla classica forma ellittica e cavea a 11 file di gradini, dove si rappresentavano commedie e le tanto amate naumachie. Nel 1931 comparvero agli archeologi bellissimi pavimenti lavorati a mosaico il cui sfarzo decorativo fa pensare alle “Terme Neroniane” citate da Strabone e Marziale, luogo privilegiato dell’otium e del trastullarsi nella voluttuosa cura del corpo o per consultare l’oracolo di Gerione, che a Tiberio predisse la dignità imperiale.

Il tracollo altomedievale e una nuova concezione del corpo

Furono Attila, prima, e i Longobardi, più tardi, a provocare il tracollo delle terme e a distruggere ogni cosa. Il Cristianesimo, intanto, aveva introdotto una dimensione culturale nuova nella quale il corpo aveva assunto una negatività quale ricettacolo di ogni male. Le terme e i bagni perdono l’aura di prestigio e di svago riservato alle élite per piegarsi ad usi più prosaici come scottare gli animali appena uccisi per scuoiarli, far girare le pale di un mulino, macerare la canapa, pur mantenendo un’uso terapeutico, per cui poveri e derelitti, oppressi dai dolori e dalle deformazioni più diverse, accorrevano al bagno comune colla speranza di guarire.

Dal tardo Medioevo alla prima età moderna. L’ascesa di Battaglia

A partire dal ‘300 la zona termale si allarga verso sud dove il nuovo centro di Battaglia, sorto lungo il canale, andava assumendo un ruolo importante nei traffici. In una località alle falde del Monte Ceva si sviluppano le Terme di San Bartolomeo e, a Battaglia, prese denominazione da una cappellina fabbricata nel 1596, la stupa di Sant’Elena. Si tratta di una grotta, in parte naturale e in parte scavata sin dai tempi antichi, che ospita all’interno una fonte termale che saturava l’ambiente di vapori ed era frequentata come luogo di piacere, spesso ricettacolo di ladri e persone indegne. Venuto il luogo in proprietà della famiglia Selvatico, fu il medico e professor Benedetto a rifar nel 1648 il palazzo sul Colle e nel 1691 a restaurare anche il fabbricato che accoglieva i forestieri al piano e a dare avvio ad una stagione in cui le terme di Battaglia contenderanno il primato alle aponensi, anche per via del richiamo delle nobili e illustri presenze al castello del Catajo.

Il Montirone

Dal Medioevo al 1772 il Montirone apparteneva ai monaci di San Daniele. Costoro davano in gestione la fontega dalla quale – come si vede in una nota incisione pubblicata nel Tractatus de Thermis Agri Patavini del Vandelli – si dipartivano dei rigagnoli che alimentavano pozze fangose dove venivano curati gli animali, specie i cavalli, e un bagno comune lastricato, dove si bagnavano insieme uomini e donne nudi; nella vicina osteria prendevano alloggio e vitto pellegrini affetti da malattie e deformazioni fisiche, le più diverse.

L’immagine è tratta da: Historia della B. Vergine di Monte Ortone, In Padova, per Gio. Battista Pasquati, 1644, 

Pietro Falco, la Vergine di Monteortone e la decadenza dell’idroterapia tra ‘600 e ‘700

E proprio la capacità rigenerativa e salvifica delle acque apre un’altro capitolo della storia termale, quando nel 1428 a Monteortone Pietro Falco sarebbe stato guarito da un’immagine miracolosa della Vergine, rinvenuta in quella fonte. Costruitovi il Santuario, l’aspetto religioso collegato alle terme prevalse per un paio di secoli su quello fangoterapico. Nella stessa epoca, intanto, era stato aperto a Padova il nuovo Orto Botanico (1545) dove si svilupparono degli studi sulle proprietà curative delle erbe: elemento che – secondo il medico Jacopo Facciolati vissuto nel ‘700 – spostando l’attenzione sulle risorse della farmacopea, decretò la decadenza dell’idroterapia e delle terme tra ‘600 e ‘700.

Litografia tratta da: A. Gloria, Il territorio padovano illustrato, Padova 1862

Il secolo dei Lumi e i bagni moderni

Nel nuovo clima della civiltà dei Lumi, rifioriscono anche i bagni di Abano. Data al 1775 la “terminazione” con la quale i Riformatori dello Studio di Padova incaricarono tre medici di suggerire i provvedimenti necessari e far rinascere l’area termale. Il continuo afflusso di malati spinse i nobili Dondi dell’Orologio a progettare presso il Montirone i primi bagni moderni: non più grandi vasche comuni ma camerini ad uso individuale e, vicino agli alloggi, il caffè e la chiesa. Allo stesso modo – divisa la proprietà del monastero di San Daniele dopo la soppressione del 1772 – grossi proprietari come i Morosini e i Todeschini improntarono il nuovo concetto di stabilimento termale, aprendo ciascuno bagni propri, con relativi alloggi. Viene così prendendo piede l’immagine di Abano come luogo della vita mondana e di un soggiorno dedito alle piacevolezze della vita. Viene ospite della contessa Pisana Mocenigo, ad esempio, Giacomo Casanova – siamo nel 1779 – e qualche decennio prima (1753), nella commedia I bagni di Abano, il Goldoni descrive le smanie d’amore che coglie una società di villeggianti dediti alla cura delle acque, coniugando insieme, appunto, salubrità dei bagni col delizioso soggiornare in villa. In altri luoghi, invece, come le fonti di San Bartolomeo (la cui fonte termale è oggi usata per riscaldare delle serre), la stessa Montegrotto, e il sito di Val Calaona (noto sin dal Basso Medioevo ma la cui fama non oltrepassava l’estense e che sarà chiuso per ragioni igieniche nel 1921), l’affluenza popolare, la mancanza di stabilimenti in sintonia con il gusto dell’epoca e idonei alle classi più agiate, ne decreta una rapida decadenza.

Il Novecento: tecnologia e investimenti

L’arrivo dei francesi e le soppressioni degli ordini religiosi apriranno il nuovo corso ottocentesco delle terme. Il divieto imposto ai cattolici di acquistare i beni degli ecclesiastici acquisiti dal demanio e messi all’asta, porterà ad Abano investimenti dei Piave, Sacerdoti e i Trieste. Sarà Mosè Trieste ad acquistare gli stabilimenti Orologio, Todeschini con tutto il Montirone e ad incaricare Giuseppe Jappelli a intervenire sullo stabilimento Orologio. Quest’ultino aveva ristrutturato nel 1814 anche il giardino e i bagni di Sant’Elena a Battaglia, chiamato da Agostino Meneghini. Ma bisognerà aspettare l’apertura della linea ferroviaria Padova-Bologna (nel 1866) e le terebrazioni di pozzi artificiali nel nuovo secolo XIX, perchè le terme entrassero nel circuito internazionale e diventassero sede di modernissime strutture termoalberghiere che portarono dalle poche migliaia di ospiti agli oltre due milioni di oggi. La diffusione dell’intervento mutualistico, inoltre, la facilità delle comunicazioni e la speciale considerazione che le cure termali godono nell’Europa centrale hanno portato negli ultimi decenni ad uno sviluppo del termalismo, determinando anche lo sviluppo di nuove aree, come quella di Civrana a Galzignano e di Teolo. Ed i Colli in questo contesto rappresentano forse il valore aggiunto di un area che alla valenza implicita delle terme offre una molteplicità di proposte collegate alla risorsa del paesaggio, al godimento del patrimonio storico-ambientale, fino all’escursione enogastronomica.

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